Un filo forte di grande continuità lega questa selezione di scritti di Giorgio Griffa, curata per la Collana “Scritti d’artista” diretta da Concetto Pozzati che ha ricevuto l’alto patrocino dell’Accademia Nazionale di San Luca.
Un percorso in 16 tappe (dal 1972 al 2013) che attraversano 40 anni di pittura e di pensiero. Ogni tappa associa un testo scelto (2 inediti e molti scritti “dispersi” in cataloghi, inviti alle mostre e pubblicazioni ormai quasi introvabili) a un disegno inedito (inchiostro e china) realizzato appositamente dal maestro Griffa per questo libro.
Ne risulta un libro elegante piacevole da leggersi tutto d’un fiato, ma destinato a essere visitato e rivisitato più volte, con passeggio da flaneur, per ritrovare quello spunto, quel tratto, quel colore che così bene il pensiero e la penna di Giorgio Griffa sanno suggerire, accompagnando e completando il suo lavoro d’artista fin dai primi passi.
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Eccovi qualche assaggio dal libro:
[dalla 4ª tappa – catalogo Galleria L’Isola, Roma, 1984]
Fra i rami strettamente intrecciati dell’albero dell’arte
accanto a quelli curati, puliti, lustri
arte come imitazione della natura
arte come creatività dell’uomo,
accanto agli innumerevoli altri rami
che compaiono e scompaiono fra le foglie
un terzo ramo è cresciuto selvaggio
presente da sempre,
30.000 anni di memoria trapassano le pagine della storia,
l’artista uscito dal suo studio
vive i sedimenti dell’esperienza collettiva,
fra Guernica e Lascaux il Rinascimento
è uno splendido incidente,
il terzo ramo dell’albero dell’arte
è l’arte come memoria collettiva.
I mestieri dell’uomo hanno preso posto fra i mestieri dell’arte
ogni segno è stato fatto mille volte
ogni frammento del mondo
porta soltanto le tracce che l’uomo vi ha lasciato
e la mia pittura da imbianchino
abbandona la mia mano in quella della musa
e la punta morbida della mia matita
ricalca segni che sono di tutti,
non rinunziando
presuntuosamente
a ridefinire il disegno.
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[dalla 14ª tappa – inedito che dà titolo al libro]
Una delle colonne portanti della mia poetica è la convinzione che l’umanità abbia dato alle arti un compito particolare di conoscenza, conoscere l’indicibile, ciò che non può essere tradotto né in parole né in altro che non sia pittura, poesia o musica, conoscere quell’ignoto che conosciuto resta ignoto alle scienze, che sta nel fondo di noi stessi, portato a galla si dissolverebbe.
Ho già parlato a questo proposito di Orfeo.
Nel momento in cui la sofìa diviene filosofia, cioè percorso di conoscenza, l’uomo si rende conto che ci sono aspetti dell’ignoto non svelabili dalle scienze e affida alla poesia la loro conoscenza.
I Canti Orfici raccontano le storie degli dei, scelgono un argomento su cui nessuna scienza potrà mai indagare.
Orfeo scende negli inferi, si introduce fisicamente nell’ignoto.
Similmente fanno la musica, la pittura e appunto la poesia.
Egli riceve la lira da Apollo.
Lo strumento divino passa nelle mani dell’uomo.
Un bel libro di Emilio Villa, incompiuto e pubblicato postumo (L’arte dell’uomo primordiale, Abscondita 2005) mi ha indotto a guardare più indietro.
Mi accingo con prudenza ad attraversare questo territorio ignoto, hic sunt leones, senza alcuna pretesa di unire la mia voce ai molti scienziati della preistoria e con il solo scopo di verificare se questo sguardo mi aiuti a comprendere la mia pittura.
Penso alle meraviglie della grotta di Chauvet, 35.000 anni, a Lascaux e Altamira, più giovani di circa 10/15mila anni se non sbaglio, e alla crescente quantità di immagini preistoriche che si vanno scoprendo dappertutto nel mondo.
Ecco, mi piace pensare che parole e immagini abbiano preso un forte sviluppo non appena l’uomo raggiunse un inizio di benessere, la caverna, il fuoco, il cibo cotto, i primi utensili dopo mezzo milione di anni di uso della sola amigdala, la pietra spezzata. Una manciata di qualche migliaio di anni o forse meno.
(continua…)
Giorgio Griffa – I flaneur del Paleolitico
a cura di Giulio Caresio
ed. Maretti, Falciano (RSM) 2014, 96 pp., 20,00 €
ISBN 978-88-89477-69-4