(pubblicato sulla rivista SCI n.323 – dicembre 2015 – pp. 40-47)
Un giorno della settimana. Uno qualsiasi tra quelli consacrati allo sci in quel di Prali in questi ultimi anni. Mai un giorno qualunque. Quasi sempre un giorno di pura powder, fino a 50 cm e più.
Prali è così, ti sorprende e lascia il segno. Una piccola porzione di Canada parcheggiata dietro l’angolo. La trovate in Val Germanasca – Piemonte – a poco più di 70 km da Torino.
All’imbocco della valle spesso si fa strada nella mente il pensiero di aver sbagliato giornata. Niente da fare. Anche qui, anche oggi, poca neve.
Poi durante la salita, curva dopo curva, a un certo punto ci si ritrova come per incanto nel bianco. Forse è un trucco magico perché “i babbani” restino in città dietro alle scrivanie.
Ma è sicuro che il richiamo per gli eletti arrivi molto lontano, non capita di rado infatti di incontrare da queste parti riders francesi, inglesi, svizzeri, norvegesi e persino americani.
Nelle giornate migliori l’arrivo è davvero da Alice nel paese delle meraviglie: due alte mura bianche ai lati della strada e larici e abeti carichi all’inverosimile.
Sono le 9 e il parcheggio è quasi pieno.
Giusto il tempo per un caffè e due aggiornamenti sulle condizioni in quota, ovviamente da Lele, al Mirage. Di pomeriggio après-ski (e di sera “giusta” discoteca), di mattina bar, poi paninoteca e creperie a pranzo, il Mirage è una vera istituzione locale, il punto di ritrovo preferito anche dalla comunità freerider.
Controllo attrezzatura e check artva, poi una coda di poche teste. Le rapide formalità per lo ski-pass (19 € nei giorni feriali, 10 € per gli universitari) valgono i soldi meglio spesi della stagione.
Eccoci seduti sulla seggiovia Malzat-Pian dell’Alpet, una due posti d’antan, senza fronzoli, onesta e veloce. Il vecchio colpo della seduta sotto le ginocchia e l’assenza di cuscini e divanetti fanno quasi piacere.
Un dislivello di 760 m che scorre veloce in mezzo a un bosco bianco e fatato, misto di abeti, larici e pini. Si approda sul retro della Capannina, punto ristoro con meravigliosa terrazza al sole. Ma è un po’ presto per pensare di fermarsi.
Giusto due curve e siamo nuovamente in seggiovia verso i 2450 m del Bric Rond. Sotto i nostri piedi passa un piccolo park per freestylers dove si lavora di pala. Il panettone bianco che vediamo salendo sulla destra è invece un vero ‘freeride natural park’ per tutti, con ampie possibilità di scegliersi la traiettoria su pendenze variabili e mai eccessive.
Quello che ci vuole per scaldarsi le gambe e godersi un po’ di polvere intonsa. A quest’ora bisogna già andarsi a cercare il fazzoletto immacolato tra non poche tracce.
Con me Alessio. O meglio sono io a essere con lui. Amico, maestro e mentore. Conosce bene il comprensorio Prali Ski: è lui che mi ha strappato al grigio cittadino per portarmi in questo paradiso. Disegna curve con abilità e disinvoltura, sostenuto dai 120 mm sotto il piede dei suoi Kane, sci artigianali “piemontesi” d’eccezione, progettati e costruiti, in soli quattro esemplari, da Alberto Bolognesi (guida alpina) e Andrea Matteoli (maestro di sci e snowboarder).
Mi guarda scendere e mi ammonisce sulla centralità. Perché lo sci, come direbbero i giapponesi, è ricerca dell’Hara, del centro vitale. Ricordo qualche parola del bellissimo libro di Dürckheim «l’uomo a cui manca un centro perde facilmente l’equilibrio, mentre chi lo ha lo conserva sempre. In più, in lui vi è qualcosa di calmo e che tutto abbraccia».
Anch’io disegno curve, cercando di non abbracciare gli abeti e mantenermi centrato.
Sulle prime sono un po’ contratto, poi si fanno strada nella mente e mi aiutano le parole dell’amico rider Giuliano (bordons Bordoni): «leggerezza e ricordatevi di divertirvi quando sciate». Mi sembra di vederlo saettare disegnando curve fluide e veloci tra i grandi larici che costellano come colonne quella che i locals chiamano l’azzurra. Una “via segreta” che si può imboccare tenendo la sinistra quando ci si sgancia dallo skilift Ciatlet, per poi lasciarsi scendendo ancora sulla sinistra una piccola cabina elettrica (ma chiedete “le chiavi della via” a qualcuno del posto). Ed è qui proprio qui, nel punto dove le pendenze si impennano, che incrociamo il gruppo dell’amico Luca, fedelissimo del luogo. Sarà lui con il suo elegante telemark a farci strada in una discesa fatata, immersi in una powder intonsa che arriva quasi al ginocchio. Dopo qualche curva si unisce anche l’amico Fette che ci delizia con salti e switch. Viene dal frestyle ed è una spanna sopra tutti in quanto a tecnica e stile.
Il piacere della condivisione crea una danza collettiva tra i larici che sembra studiata.
Al giro successivo dalla cima del Bric Rond, scendiamo sulla destra alla ricerca della 9, un altro tracciato non battuto e non segnato sulle carte per pochi intenditori. Alessio mi guida e tra qualche radice di troppo e qualche tratto troppo ripido per conservare intatto il mio hara, mi conduce fin giù al Mirage, davanti a una squisita crêpe speck e brie.
Il pomeriggio vola, sempre alla ricerca del fazzoletto intonso, che un occhio ormai esperto sa ancora trovare. Le gambe non sono troppo stanche e il pensiero va alla Galassia, un canale che scende il versante N del Bric Rond, altra risorsa segreta per freerider esperti che richiede una guida local. A Prali infatti non mancano anche possibilità e canalini per chi ama le pendenze hard, pur essendo per lo più da raggiungere con le pelli. In ogni caso oggi le condizioni non lo permettono, troppa fresca e pericolo valanghe 3, ovvero marcato.
Il sole si avvicina all’orizzonte. Non perdiamo l’occasione di goderne gli ultimi raggi seduti alla Capannina a parlare con “il capo” Fausto Sanmartino, che guida la locale Nuova 13 laghi s.r.l. che ha preso in gestione gli impianti. Idee, sorriso, disponibilità e buona volontà: apertura della pista 6 agli skialper tutte le mattine e due sere a settimana, agevolazioni per gli universitari, piccoli sconti se qualcosa in giornata va storto, ski test e giornate speciali,… “L’uomo che ha detto no alla primavera” come riporta una pagina facebook in onore di Fausto gestita da un suo amico, è di sicuro uno dei motori trainanti della nuova Prali. Dieci anni di nuova gestione, dieci anni di passione. Quella passione che non ha orari né tariffari, che ti fa lavorare con i gatti anche quando le altre stazioni sono già chiuse, per la gioia di poter regalare ancora una giornata di sci a tutti.
Ma, com’è nata l’anima freeride? «Quasi per caso, una delle prime stagioni della nuova gestione avevamo chiuso tutto il 25 aprile. A maggio arriva una nevicata straordinaria… e si decide di provare ad aprire, senza battere nulla, solo per i freerider. La notizia vola su internet, un tam tam di richiamo e… successone, piazzale pieno e centinaia di giornalieri venduti. Da allora quando arriva una nevicata straordinaria capita spesso che si decida non battere nulla per regalare agli appassionati una giornata freeride».
Anche arrivare in paese con le luci della sera è un regalo. Sul piazzale ricompaiono i volti sorridenti di Fausto, Luca, Lele a salutarci. Non stupisce che siano state persone come loro a rivitalizzare questa piccola stazione sciistica, oggi circa 50% pista e 50% freeride.
Impianti, piste e free
Prali oltre allo skilift baby di Ghigo ha tre impianti: la seggiovia Malzat-Pian dell’Alpet, la seggiovia Pian dell’Alpet-Bric Rond, lo skilift Ciatlet. Le piste battute sono una decina, contando le differenti varianti da discesa. Ma il terreno di elezione rimane quello non battuto, tra larici, abeti, salti, dorsali e canalini.
Prali Rinascita Freeride - G. Caresio - SCI323 (pdf - 2.8 MiB)