Un libro dedicato al paradosso del less is more, in cui si intrecciano le riflessioni dell’artista Giorgio Griffa sulla pittura e la poesia, con il pensiero del “giornalista-osservatore di scienza” Giulio Caresio sui fondamenti della meccanica quantistica e le nuove conquiste delle scienze neurali, con la filosofica lettura del mondo di Roberto Mastroianni che disegna un interessante parallelo tra la pittura di Griffa e la speculazione filosofica di Arnold Gehlen.
Due brevi testi di Griffa e Caresio e un saggio di Mastroianni fanno da introduzione ai tre dialoghi che costituiscono il “melting pot”, fulcro di spunti, interazioni e connessioni del libro.
A completare il volume, un testo incisivo della critica d’arte Martina Corgnati – che conosce e segue Giorgio Griffa da molti anni – inquadra profondità e singolarità del suo percorso di conoscenza di artista e di poeta.
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Eccovi qualche spunto estrapolato dai testi del libro:
Giorgio Griffa
Prima c’è stato il Sogno di una notte di mezza estate di Shakespeare. Nel quinto atto Teseo dice:
Love, therefore, and tongue-tied simplicity
In least speak most, to my capacity.
Mi sembra giusto estrapolare le parole in least speak most. Stanno a indicare la consapevolezza di una condizione antica, che risale al tempo anteriore all’invenzione della scrittura. Il mito fissava le conoscenze in metafore idonee a facilitare la memoria. Le parole del mito costruiscono immagini le quali comprendono quel sovrappiù che il linguaggio diretto della parola scritta tenderà a escludere. […]
Dunque less is more non è soltanto una formula fortunata. È la sintesi di un processo millenario.
Giulio Caresio
La funzione d’onda della meccanica quantistica, la cui scoperta risale all’inizio del secolo scorso, descrive meglio di ogni altro strumento matematico e fisico la realtà del mondo particellare in cui siamo immersi e di cui siamo costituiti. Una realtà di cui si dissolve una parte fondante non appena si tenti di afferrarla con la stessa scienza che ne ha suggerito l’esistenza. Ogni tentativo di misura da parte dell’uomo provoca il collasso della funzione d’onda. Svanisce il sovrappiù.
[…] Qualcosa di diverso, ma che presenta interessanti analogie, accade nell’ambito delle neuroscienze che si indirizzano sempre più allo studio della realtà impalpabile delle connessioni.
[…] Le connessioni sono il software, l’aspetto leggero, evanescente, che “poggia” sull’hardware: i neuroni.
E, anche in questo caso, è il “soft”-ware che fa la differenza.
Tra le maglie di quelle connessioni, di quel sovrappiù, si annida il mistero della vita in cui si ritrovano, intrecciano ed evolvono memorie, conoscenze, esperienze, porzioni di noto e di ignoto, fors’anche le tracce di un dialogo possibile tra pittura, scienza e filosofia.
Roberto Mastroianni
Nel caso della pittura di Griffa un approccio filosofico si rende necessario. Non solo perché egli è un raro caso di pittore filosofo, una figura antica quasi estinta (che trova i suoi precursori in Leonardo, Piero della Francesca…), ma soprattutto perché è un pittore che crede che l’arte abbia un portato di verità, una funzione conoscitiva, sapienziale, sacrale, che interroga la scienza (la fisica quantistica, per esempio), la poesia (Ezra Pound, Paul Valery…) e la stessa filosofia (Wittgenstein, Platone…). E poi, Griffa la necessità di una visione più ampia sul suo lavoro e sull’arte in generale l’ha spesso affermata, insistendo sul fatto che «Bisognerebbe invece relazionarsi all’arte come espressione di tutti i saperi e le emozioni di un periodo; come sintesi di tutta la storia di quella specifica fase. Troppo spesso, invece, lo “specialista” si occupa di arte e non di storia, di scienza, di società, di poesia… ed è così che la sua lettura risulta limitata, se non addirittura povera o sterile».
Martina Corgnati
Riflettendo sulla natura stessa della pittura e dei suoi strumenti, cioè implodendo e lasciandosi risucchiare, per così dire, verso il fondo di se stessa, senza paura della tradizione né della propria natura intrinseca, della propria semplicità e del proprio carattere, la pittura di Griffa ha incontrato dunque un punto cruciale in cui i diversi saperi e linguaggi si incontrano e da cui tornano a dipartirsi per una specie di strano ed essenziale gioco di armonie. L’arte, non a caso, è un’esperienza essenziale dell’umanità; nasce nel fondo della preistoria e continua seguendo il cammino di ogni civiltà finché la civiltà esiste.
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Giorgio Griffa – Il paradosso del più nel meno
di Giulio Caresio, Martina Corgnati, Roberto Mastroianni
ed. Gribaudo/Feltrinelli, Milano 2015, 176 pp., 12,90 €
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