(pubblicata su ALP280 Speciale Futuro – aprile 2012)
intervista di Giulio Caresio
Visti i suoi incredibili risultati nelle competizioni di questi ultimi anni chi non conosce Kilian Jornet Burgada potrebbe pensare che sia un uomo macchina, votato all’allenamento sportivo e poco propenso a parlare di altri argomenti. Niente di più sbagliato.
Kilian è tutt’altro e lo dicono da subito il suo sorriso sereno, l’umiltà e la disponibilità con cui si rapporta con tutti e la grande generosità che dimostra in gara, come nel rispondere alle nostre domande, mettendo a nudo tutta la sua sensibilità.
Vi lasciamo alle sue risposte che con freschezza e semplicità rivelano profondi valori e invidiabile maturità di un atleta senza eguali la cui università sono state le terre alte, ma soprattutto di un ragazzo di 24 anni che tiene alto il vessillo della sua generazione.
Cos’è per Kilian Jornet la montagna?
È il luogo in cui mi sento “pieno”, dove ho la percezione di essere accompagnato anche quando sono solo. È l’ambiente che conosco meglio, dove sono nato e cresciuto, dove posso esprimermi in libertà. Oggi tendiamo a pensare che la montagna (e la natura in generale) sia qualcosa al nostro servizio più o meno vicino alle città dove possiamo contemplare una certa bellezza, praticare un po’ di sport per poi tornare a casa. Crediamo di essere sempre al centro di tutto, di essere grandi. Ma non è così. La natura esisteva prima ed esisterà dopo noi uomini. In montagna la prospettiva cambia: possiamo vedere quanto in realtà siamo piccoli. Solo un punto nel tempo e nello spazio, un istante da non sciupare, ma da vivere con la consapevolezza che la vita continuerà dopo di noi. In tal senso non dobbiamo tanto proteggere la montagna perché e bella, quanto perché è la vera realtà che soggiace al mondo artificiale che stiamo creando.
Scialpinismo & skyrun oltre ogni limite! Un nuovo modo di vivere gli sport di montagna? Come è iniziato tutto? Quali differenze e similitudini?
Per me corsa e scialpinismo sono solo dei “mezzi” per stare in montagna. Al centro non c’è lo sport ma lo “strumento” per fare e vivere ciò che amo. Io non penso ai risultati o alle gare, ma mi focalizzo ogni giorno sul fare ciò che mi piace. La gara è un solo giorno alla settimana (talvolta o per qualcuno uno solo al mese): non si deve andare in montagna per allenarsi e basta, ma perché siamo mossi da un desiderio di farlo. La realtà è oggi, non domani. Un mio amico sosteneva che sono uno Yonki (nello slang spagnolo significa drogato, NdR) d’emozione. Una gara, una vittoria dona solo un’emozione diversa, e non più grande, dell’emozione che provo quando arrivo in cima, quando vedo un tramonto o quando mi ritrovo in un rifugio con gli amici. Anche l’amore, l’adrenalina… sono emozione. Per questo non penso alle gare, non penso ai domani, ma penso a cosa mi fa piacere, e lo faccio! Il che non significa semplicemente “carpe diem”, ovvero vivi come se il domani non esistesse, ma piuttosto non focalizzare le tue energie sul domani e fai di tutto per vivere oggi la vita che desideri.
La differenza tra scialpinismo e skyrunning rispecchia per me quella delle stagioni: la montagna cambia e siamo noi che dobbiamo adattarci, non viceversa. Se c’è la neve, sciamo! Altrimenti, corriamo! A livello muscolare e cardiaco sono sport molto simili. Credo la differenza più significativa sia il materiale: molto più determinante in inverno, così come la tecnica, soprattutto in dicessa.
Ho iniziato con le competizioni di scialpinismo a 13 anni, poi a 17 sono arrivate le gare di corsa per completare l’allenamento. Adesso per me hanno uguale importanza.
Sei sempre immerso nella natura e in scenari meravigliosi. Che ruolo hanno nel tuo quotidiano?
La vera bellezza penso si possa associare alla frase di Antoine de Saint-Exupéry: «l’essenziale è invisibile agli occhi». Molte volte una montagna e più bella per ciò che sentiamo, per ciò che suscita dentro di noi, che per la sua semplice estetica.
La sua bellezza è anche legata all’essere ogni giorno diversa. Talvolta radiosa, illuminata dal sole, talvolta lugubre e bagnata dalla pioggia, oppure silenziosa e ammantata di neve… ma sempre da gustare. Luoghi, panorami, venti, forze della natura e anche le altre persone diventano un tutt’uno inseparabile in montagna. Un fatto formidabile.
Quali i valori più importanti che ti arrivano dalla montagna?
Il primo e, credo, più importante valore è l’autonomia. In montagna, sei l’unico responsabile delle tue azioni, sia che siano buone, sia che non lo siano. Una realtà di fatto che ti insegna a essere umile, perché ti rendi conto di essere piccolo, di poter sbagliare, di come in fondo dipendano solo da te scelte e azioni, e che, per quanto grandi possano sembrare, non siano altro che un piccolo punto nello spazio e nel tempo. La montagna educa a essere positivi, a lottare, a cadere e rimettersi in piedi una volta dopo l’altra, fino a trovare la propria strada. Ti mostra che, certe volte, imboccata una direzione, non puoi tornare indietro, perché non se ne ha sempre l’opportunità. Insegna a stare con gli altri a fare squadra: se sei solo, ti senti vicino le persone che ti vogliono bene, se sei in gruppo, nessuno è più importante degli altri. Insegna a donare senza chiedere nulla in cambio, perché la felicità dell’altro è anche la tua… sono davvero tanti gli insegnamenti che ho ricevuto, credo che per me si possa dire che la montagna sia la migliore università.
Ricordi qualche momento particolarmente importante, magico o difficile, che ti abbia dato qualcosa di speciale?
Non credo molto a singoli momenti cruciali. Tutti sono parte della vita e da tutti si impara; a dir il vero molto più dalle sconfitte che dalle vittorie, sia nello sport che nella vita di tutti i giorni.
In una vittoria non c’è più nulla da guadagnare, è tutto “bello”, compiuto. Nella sconfitta invece si può cercare quali siano i cambiamenti da apportare per migliorarsi. Inoltre, più la sconfitta è causata da qualcosa che non abbiamo sotto controllo, più sono grandi le opportunità di imparare.
Finché i problemi restano a livello fisico, è relativamente facile: cambi il programma, moduli meglio il riposo e l’allenamento ed è tutto.
Ma quando si tratta di un problema mentale? O sentimentale? Allora le cose si fanno interessanti. Nella mia carriera sportiva i momenti più importanti sono stati due: quando mi sono rotto la rotula del ginocchio (nel 2006, NdR) e l’anno scorso quando mi sono ritirato dalla Cavalls del Vent (ultratrail catalano, NdR).
Il primo mi ha fatto crescere a livello mentale, diventare più forte di testa e cambiare il mio modo di vedere lo sport e la vita: vivere un giorno dopo l’altro ed essere meno proiettato nel futuro.
Il secondo mi ha insegnato a convivere con una crisi, a ricavare un’opportunità per fare qualcosa di nuovo, per uscirne più motivato e cercare nuove strade.
I momenti più magici? Quelli in cui sono da solo, in cui faccio davvero qualcosa per me stesso. Non sono in gara, perché la montagna è più viva e più forte quando la situazione non è artificiale. Come dice una frase del gruppo musicale catalano Antonia Font: «Non tutto era fisico o mentale, ma anche sentimentale».
In alcuni momenti in montagna avviene qualcosa di magico e incredibile, quando percepisci la forza della natura e in quell’istante l’energia che senti suscita e diventa un sentimento d’amore.
Colpisce la tua incredibile costanza di pratica e di risultati, sia sulla neve, che nella corsa. Come si allena Kilian Jornet per ottenere questa condizione?
Continuità e regolarità sono importanti, soprattutto nel mio stile d’allenamento che non prevede di essere in forma solo per alcuni appuntamenti importanti, ma di esserlo sempre. In gara, poi, sono la testa e il riposo a fare la differenza.
Trovo “artificiale” essere in forma un giorno solo all’anno. E gli altri giorni? Fai finta non esistano? Io preferisco essere in grado di godermi tutti i giorni, così se la gara va male, almeno mi sono goduto l’allenamento! Mi alleno senza grandi variazioni, puntando più sul volume di lavoro che sull’intensità. La velocità arriva poi con le gare. Nel mio caso è un metodo che funziona bene.
Sei anche salito in cima al Monte Olimpo. Cosa significa per te arrivare in vetta?
Come dicevo prima una montagna per me non è solo ciò che rappresenta in senso assoluto, ma ciò che significa personalmente, ciò che sento. Il Monte Olimpo è stata una grande esperienza: una stupenda montagna che mi ha sorpreso per il suo paesaggio mutevole e per l’impegno tecnico nella parte finale del percorso. Davvero un massiccio maestoso; purtroppo la fretta, la velocità degli eventi di quei giorni (e non parlo del record) non mi ha permesso di passare tutto il tempo che avrei voluto per conoscerlo e scoprirlo di più.
Parliamo allora di velocità. È sempre un valore o anche qualcosa che ti impedisce di vivere appieno l’esperienza in quota?
In primis un messaggio per coloro che dicono che andando veloci non si può vedere nulla: se sei allenato e in forma puoi benissimo guardare e godere gli scenari e i paesaggi in cui corri (ovviamente perché non sei affaticato), anzi devo dire hai la possibilità di fare distanze maggiori e di conseguenza di vedere di più.
La velocità nel mio caso è anche legata alla sicurezza. Io non capisco la montagna troppo tecnologica, quella legata all’idea di aiutarsi con qualsiasi mezzo per arrivare in cima. Penso la montagna debba restare umana. Mi piace partire con il minimo necessario e che siano le nostre capacità, e non quelle del nostro materiale o altro, a dire fin dove siamo capaci di spingerci. Con questa filosofia spesso andare veloce è l’unica soluzione per essere “safe”. Quando sei in cima al Monte Bianco con solo scarpe da corsa e pantaloncini, la sicurezza è sapere che in un’ora sarai a Chamonix!
Essere leggeri è l’altro segreto per essere reattivi, prendere decisioni rapide ed eseguirle all’istante.
Il cammino o la meta: quale è più importante nello sport e nella vita di Kilian Jornet?
La vittoria è solo un altro punto del cammino. Forse perché è l’ultimo sembra che sia il più importante, ma invece è solo un punto in più. Per arrivare dobbiamo fare sempre un primo passo. Sicuramente lungo il percorso sono i momenti in cui prendiamo alcuni rischi quelli più significativi. Assumersi dei rischi, avere voglia di cambiare la persona che siamo e impegnarci a fondo con tutte le nostre risorse per farlo: queste sono le cose importanti. Bisogna anche avere chiaro uno scopo e poi tracciare una rotta per raggiungerlo, ma senza dimenticarsi di godere ogni metro di navigazione.
Una volta raggiunto lo scopo bisogna dimenticarlo e cercarne uno nuovo. Ma ricordiamoci che uno scopo non deve per forza essere un punto. Può essere anche un percorso 😉
Guardandoti correre e gareggiare si ha sempre l’impressione, anche se il momento è duro, che tu stia godendoti ogni passo. È una sensazione fantastica. Quanto è importante per te divertirsi, giocare, mantenere la giusta leggerezza di spirito?
Non faccio sport perché sono masochista, io credo che la vita sia per farci piacere. A volte si soffre volontariamente perché qualcosa che piace è impegnativo e lo richiede, ma questa sofferenza è anche ciò che permette di essere felici. A me non basta pormi in una situazione confortevole, arrivare a un certo punto e fermarmi, per esempio vincendo sempre le stesse gare… Sono motivato per continuare a progredire, per studiare nuovi obiettivi, per mettermi ancora in difficoltà e provare a me stesso che posso farcela.
Ho sempre sostenuto che si debba fare una professione per cui si provi una grande passione, così il lavoro non ci sembrerà qualcosa di negativo, ma un gioco, una bella esperienza da vivere.
Quando arrivi ad un momento critico come reagisci? Quale la risorsa più importante per andare oltre?
La prima cosa che mi viene in mente è che quando una situazione è difficile non esistono nemici. Bisogna trovare un accordo per andare avanti.
In molte gare per esempio con il maltempo, se siamo in un gruppo di 3-4 corridori, si cerca di stare insieme di proteggersi a vicenda e di far strada a turno… poi si decide la vittoria nell’ultimo tratto.
La montagna insegna ad essere egoisti quando occorre, ma soprattutto a non esserlo quando sei con gli altri, perché è la natura a essere l’elemento più forte.
Nei momenti critici la soluzione non è sempre la stessa. Bisogna essere moto reattivi, capire le condizioni e prendere una decisione rapida. Ci si aiuta con le immagini che possono essere di vittoria, di piacere, di guerra, di sopravvivenza. Talvolta si viaggia con la mente in mondi immaginari, talvolta invece si torna e ci si immerge nella realtà. Non esiste un copione, una guida o delle norme da seguire che ti facciano reagire di sicuro in un certo modo. Fai quello che ti indica l’istinto. Poche volte si sbaglia.
Quanto è importante per la musica per Kilian Jornet? Cosa ascolti?
Ascolto musica in allenamento e nelle gare lunghe (sopra le 10 ore); in quelle brevi, devi essere concentrato al massimo, e allora preferisco farne a meno. Nelle lunghe distanze il peggior nemico sei tu stesso, la noia e la monotonia. E per questo la musica funziona a meraviglia. Fa evadere la mente, portandola altrove, non ti fa pensare ai dolori, alla gara, alla fatica.
Mi piace un po’ di tutto. Nella mia playlist (la riportiamo a lato 🙂 – vedi PDF) trovate generi diversi. Dal rock e pop catalano (Manel, Amics de les Arts) ma anche spagnolo, francese, al punk, alla techno. Trovate grandi nomi più conosciuti come Bob Dylan, REM, U2, Guns & Roses, Santana, ecc… e anche tanta musica classica: Tchaikovsky, Bach, Pachelbe. Il “singolo” che dà più motivazione in montagna credo sia la Suite n.3 di Bach 🙂
Parliamo di futuro, facendo un collegamento tra il tuo futuro personale, quello della montagna e quello del Pianeta. Quali sono i tuoi sogni in merito?
Cos’è il futuro? Il passato non è reale, sono i ricordi in parte distorti dalla nostra mente. Il futuro è un’immagine, una proiezione. La sola realtà sicura è il presente. Io non so cosa accadrà domani per cui tento di vivere al meglio e pienamente il momento presente, cercando sempre la giusta motivazione per continuare a crescere. In particolare adesso sento di voler essere più “vicino” alla montagna e con una minor artificialità. Come uomini abbiamo dimostrato che tramite la tecnologia siamo capaci di volare, di correre più veloci di qualsiasi altro animale, di andare sulla luna… ma a cosa serve tutto ciò?
Quando saremo capaci di predire anche cosa ci emozionerà, ci farà innamorare, il giorno in cui non esistano più il dubbio e la sorpresa, il giorno in cui non ci sarà più bisogno di assumersi dei rischi per crescere, cosa diventerà la vita?
Io non credo a un futuro in cui si proteggano le montagne come parchi naturali dove andare nel weekend con la famiglia. Non credo nemmeno a un mondo tecnologico dove si compensi la mancanza della natura con la scienza. Un problema dell’uomo è il suo sguardo a corto raggio, a un futuro prossimo, ciò che faremo tra 5-10-20 anni. Nella migliore delle ipotesi guardiamo alla prossima generazione. Cerchiamo sempre la nostra sicurezza e comodità senza pensare cosa accadrà più a lungo termine.
Quando un animale si espande troppo, è la natura che lo contiene, con malattie, avversità e antagonisti, ricreando un equilibrio. L’uomo è l’unico ad aver sovvertito questo meccanismo senza badare all’equilibrio e la risposta della natura sono eventi sempre più difficili da gestire e superare.
Se la specie uomo non impara a essere più umile, credo sarà la natura a imporglielo con forza.
Su un piano pratico e in un futuro prossimo, il mio desiderio è di stare il più possibile in montagna, il mio elemento, muovermi leggero, con poco materiale (con o senza sci) e realizzare progetti che mi premettano di conoscermi meglio: una ricerca rivolta verso l’interno, sperimentando nuove avventure.
Ma chissà, il futuro in fondo è solo un’immagine…
Qual è allora il tuo messaggio per il futuro del pianeta?
Io non sono nessuno per dare un messaggio, tuttavia ciò che penso non si debba fare è crescere ancora verso l’esterno, verso il possesso di più cose, ma verso l’interno, verso l’emozione, capendo che non siamo noi i proprietari di questo pianeta, ma solo degli abitanti di un grande condominio che dividiamo con altri. Siamo solo un punto e un momento nello spazio. Inutile cercare di essere di più. Dobbiamo mettere a frutto questo punto che nello stesso tempo non è nulla per la storia del pianeta, ma è tutto per noi.
Frasi da ricordare di Kilian Jornet
«In montagna sei l’unico responsabile delle tue azioni, sia che siano buone, sia che non lo siano. Una realtà di fatto che insegna a essere umile, positivo, a lottare, a cadere e rimettersi in piedi, fino a trovare la propria strada».
«In certi momenti in montagna avviene qualcosa di magico e incredibile, quando percepisci la forza della natura e in quell’istante l’energia che senti suscita e diventa un sentimento d’amore»
«La velocità è anche sicurezza: quando sei in cima al Monte Bianco con solo scarpe da corsa e pantaloncini, la sicurezza è sapere che in un’ora sarai a Chamonix! L’altro segreto è la leggerezza»
«Nei momenti critici non esiste un copione e non esistono nemici. Fai quello che ti indica l’istinto. Poche volte si sbaglia».
«Siamo solo un punto e un momento nello spazio. Inutile cercare di essere di più. Dobbiamo mettere a frutto questo punto che nello stesso tempo non è nulla per la storia del Pianeta, ma è tutto per noi»
ALP280 Caresio Kilian (pdf - 2.7 MiB)