(pubblicato su ALP280 Speciale Futuro – aprile 2012)
Passeremo sulla terra giusti e leggeri
di Yvon Chouinard e Vincent Stanley*
traduzione a cura di Giulio Caresio
L’idea alla base del progetto Footprint Chronicles (“cronache dell’impronta”, NdR) il nostro mini-sito interattivo, era di esaminare in maniera complessiva la vita e le abitudini del brand Patagonia. Volevamo scrutare al di là degli impiegati diretti, scovando nelle fattorie, nelle aziende, nelle tintorie, nelle fabbriche tutti coloro che concorrevano con il loro lavoro alla realizzazione dei prodotti Patagonia.
Nel 2005 quando abbiamo iniziato il lavoro alle Chronicles, sui nostri libri paga risultavano circa 500 dipendenti impegnati nella cura di design, test, vendite, marketing e distribuzione, ma sapevamo essere più di 10000 le persone a lavorare lungo la catena di produzione dei nostri prodotti.
Volevamo insegnare a noi stessi a considerare più a fondo le implicazioni del nostro business. Era tempo di portare in superficie tutte le conseguenze negative involontarie della realizzazione degli indumenti Patagonia.
La tracciatura del prodotto in ogni fase
Le Footprint Chronicles nella loro prima stagione tracciarono con criterio geografico cinque prodotti in tutte le loro fasi, dalla fibra (luogo d’origine), alla tessitura, alla tintura, alla confezione, fino al recapito al nostro magazzino di Reno (Nevada, USA). Per ognuno dei cinque prodotti calcolammo le emissioni di CO2, l’energia richiesta, i rifiuti generati, oltre alla distanza percorsa dall’origine ai nostri magazzini.
Tutte queste informazioni sono poi state pubblicate sia sulla pagina web di vendita del prodotto, che sul mini-portale appositamente costituito delle Chronicles.
Ad oggi, siamo riusciti a calcolare e pubblicare on-line dei parziali LCA (Life Cycle Assessment, metodologia di analisi delle interazioni di un prodotto con l’ambiente nel suo intero ciclo di vita: dalla pre-produzione fino alla dismissione finale, NdR) per circa 150 prodotti: più o meno un 20 % della linea di produzione che rappresenta intorno all’80% delle vendite. In futuro il nostro progetto è di adottare, non appena sarà definita del tutto, la metodologia indipendente elaborata dall’Outdoor Industry Association’s Eco Index e la versione della Sustainable Apparel Coalition. È nostra speranza che, nel giro di dieci anni, tutti i clienti in possesso di uno smartphone scansendo un codice QR presente su ogni prodotto Patagonia possano conoscerne immediatamente l’impatto sociale e ambientale.
Patagonia non possiede fattorie, stabilimenti o fabbriche. La maggior parte dei nostri dipendenti non sono mai stati in nessuno dei posti dove avvengono le diverse fasi di realizzazione degli indumenti Patagonia. Tuttavia ciò che viene fatto “nel nostro nome” non deve rimanere invisibile ai nostri occhi. Siamo responsabili per tutto ciò che finisce in un capo di abbigliamento che porta l’etichetta Patagonia e per ogni lavoratore che lo realizza.
Ha richiesto molto tempo interrogarsi su quale fosse il nostro “debito” verso le persone che lavoravano alle dipendenze di altri, ma comunque all’interno della nostra catena di produzione.
Avevamo alti standard sulle cuciture, anche per l’abbigliamento sportivo casual, ed elevati standard per gli indumenti tecnici. Per soddisfare i requisiti di qualità, il nostro staff si era sempre immaginato fabbriche pulite e ben illuminate che assumono operatori esperti.
Fair Labor Association: condizioni di lavoro sane
Nel 1999 accettammo l’invito a unirci alla task force creata dal presidente Clinton per porre fine al lavoro minorile e migliorare in tutto il mondo le condizioni delle fabbriche di indumenti. Da questa task force nacque la Fair Labor Association (FLA), un’organizzazione no-profit indipendente per monitorare e promuovere condizioni decenti di lavoro e una giusta retribuzione. L’FLA’s Workplace Code of Conduct proibisce il lavoro minorile, il lavoro forzato, la violenza, le molestie sessuali e psicologiche e la discriminazione razziale. Garantisce il più alto tra minimo legale e tariffa prevalente per il salario, pagamento degli straordinari (con limiti sul numero permesso di ore di straordinario, un problema rognoso), sane e salutari condizioni di lavoro, e libertà di associazione a un sindacato (sapendo che sindacati indipendenti sono fuorilegge in Cina e Vietnam). Patagonia ha un suo Codice di Comportamento che vieta alle fabbriche di subappaltare il lavoro senza il permesso della nostra casa madre e richiede loro di mantenere un piano di miglioramento della qualità.
Prima di effettuare un ordine presso una nuova azienda, Patagonia invia un membro del suo team socio-ambientale in visita per verificare le condizioni in prima persona. Questo inviato ha in potere di bloccare la trattativa. Anche il nostro direttore della qualità ha simile diritto di veto sulla decisione del reparto acquisti di rivolgersi a una nuova azienda.
La grande sfida successiva sarà assicurare il salario adeguato a tutti i lavoratori che realizzano gli articoli Patagonia. Per poter pagare un salario adeguato, le aziende dovranno alzare i prezzi per evitare la perdita di introiti, e il conseguente il licenziamento di personale. Queste ditte pagano il medesimo salario per i lavori simili eseguiti per differenti brand, quindi i brand devono essere d’accordo a pagare di più (un passaggio delicato che espone le compagnie alla responsabilità legale per i prezzi stabiliti).
Diversi nostri fornitori sono stati gratificati dal vedere le loro sfide portate alla luce e sotto gli occhi dei consumatori; hanno raramente l’occasione di comunicare al pubblico la loro esperienza e impegno per migliorare paga e condizioni di lavoro dei dipendenti. Un risultato delle Footprint Chronicles, è che alcuni fornitori hanno iniziato a credere maggiormente in noi, condividendo più informazioni, e lavorando più a stretto contatto per risolvere i reciproci problemi. Questa collaborazione carica di significato il nostro impegno.
Standard Bluesign: minimizzare l’impatto ambientale
Come la FLA è stata un partner di inestimabile valore per aiutarci a migliorare le condizioni sociali nella catena di produzione, così Bluesign Technologies, società di verifica indipendente, è diventata nostro importante alleato per minimizzare l’impatto ambientale. La Bluesign organizza incontri a scadenze regolari dei membri che accettano di adottare sistemi gestionali per migliorare le performance ambientali in cinque aree chiave del processo di produzione: produttività risorse, sicurezza del consumatore, inquinamento dell’acqua e dell’aria, salute e sicurezza sul lavoro. I membri redigono report periodici sui loro progressi e devono raggiungere una serie di obiettivi per mantenere il loro status. È stato cruciale avere un aiuto sistematico per monitorare i prodotti chimici secondo la seguente scala di categorie/colore: blu, sicuro da utilizzare; grigio, richiede un trattamento speciale; nero, utilizzo proibito. Bluesign aiuta le ditte a eliminare i prodotti nella categoria nero e trovare valide alternative.
Nove dei nostri attuali fornitori hanno accettato di aderire agli standard Bluesign, decisamente rigorosi. Attualmente le fabbriche approvate Bluesign costituiscono il 30 % del totale delle aziende utilizzate da Patagonia per i suoi prodotti. Abbiamo chiesto a tutti i nostri fornitori di materie prime di adottare questi standard entro il 2015.
Le Footprint Chronicles hanno aiutato Patagonia a rimuovere alcuni ostacoli al miglioramento della qualità così come delle condizioni sociali e ambientali. Queste barriere possono prendere forme diverse: intransigenza, cinismo o indifferenza, sia da parte dei nostri fornitori, che da parte del nostro stesso staff. Ma proprio grazie all’insegnamento delle Chronicles, abbiamo fatto la scelta di non accettare lo status quo. Non facciamo semplicemente indumenti, produciamo indumenti duraturi che causano minor danno al Pianeta.
* l’articolo è tratto dal libro “The Responsible Company” (Patagonia Books) dei medesimi autori, in uscita negli Stati Uniti in maggio 2012.
Frasi da ricordare
«È nostra speranza che nel giro di dieci anni tutti i clienti in possesso di uno smartphone, tramite un codice QR presente su ogni prodotto Patagonia, possano conoscerne immediatamente l’impatto sociale e ambientale».
«Grazie alle Footprint Chronicles alcuni fornitori hanno iniziato a credere maggiormente in noi, condividendo più informazioni, e lavorando più a stretto contatto per risolvere i reciproci problemi. Questa collaborazione carica di significato il nostro impegno»
ALP280 Caresio Patagonia (pdf - 231.0 KiB)
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Yvon Chouinard
Surfer incallito e appassionato di montagna e pesca è fondatore e comproprietario di Patagonia Inc. Tutto è iniziato alla fine degli anni ’50 con la sua prima esperienza aziendale, la Chouinard Equipement for Alpinists, che realizzava su suo disegno materiale da arrampicata per gli amici. Oggi vive a Ventura, in California.
Vincent Stanley
Attivo nel brand Patagonia fin dalla fondazione, attualmente è coinvolto nel progetto delle Footprint Chronicles, e nelle edizioni Patagonia Books. Vive a Santa Barbara, in California.